Tabucchi torna ad apparirci in una sconcertante luce di mistero, cioé per quello che essenzialmente é: uno dei pochi che il Novecento ha avuto la volontá e la buona grazia di non lasciarlo intatto. Perché si é posto dietro il Novecento, oltre quella linea d'ombra, quel margine di immediata riconoscibilitá che é il suo aspetto rassicurante e la sua buona coscienza. Tramando coi Sogni, con il Doppio, con l'Altro e il Possibile ha portato a estremo compimento quello che il Novecento esteriore aveva solo abbozzato: una poetica dell'ulteriore. O per così dire, una poetica dell'interiore dell'ulterioritá. In queste pagine ne abbiamo l'ennesima prova. Tabucchi parla, e nel parlare spiega. Ma nello spiegare e parlare, come sempre, allude e non proclama, non sillogizza. Molto del suo animo si svela, molta sua personalitá si appalesa.